Così come la copertina di un libro è il primo elemento con cui il potenziale lettore viene a contatto prima dell’acquisto, allo stesso modo l’etichetta del vino funge da biglietto da visita.
Non si tratta solo di un vezzo: ormai è chiaro che il packaging negli ultimi anni si è trasformato, passando da immagine esteriore a vero e proprio contenuto, capace di indirizzare l’acquisto.
Se ci fossero ancora dubbi in proposito, studi e ricerche di mercato dimostrano come una buona fetta di consumatori si lasci convincere ad acquistare proprio grazie all’etichetta.
Se questo meccanismo sembra funzionare maggiormente verso acquirenti meno esperti, ciò non toglie che anche per gli intenditori l’etichetta del vino ha una notevole importanza, legata al design e alla capacità del brand di trasmettere la propria personalità.
Dal punto di vista del produttore, inoltre, etichette del vino possono essere strategiche per aiutare a farsi largo sul mercato, tanto più che i consumi di vino, in crescita fino al 2019, hanno avuto una brusca battuta d’arresto nel 2020 a causa della pandemia.

L’etichetta vino: quando diventa design
Fino a pochi decenni fa l’etichetta era utilizzata esclusivamente come uno strumento utile a conoscere il nome del produttore, l’annata e il luogo di provenienza del vino.
La storia delle etichette di vino affonda le radici in un passato molto lontano, quando ancora il vino non veniva conservato nelle bottiglie, ma nelle anfore. La prima etichettatura, infatti, si fa risalire addirittura ai resti trovati nella tomba del faraone Tuthankamon: secondo gli esperti nelle piccole anfore per il vino si leggevano iscrizioni che riferivano l’annata, il vigneto e, addirittura, il produttore.
Anche i Greci e i Romani, probabilmente, avevano una sorta di etichettatura, come testimoniato dalle anfore in argilla reperite a Pompei, nelle quali era registrato il nome dei mercanti.
Nel XVII secolo, quando la produzione di vino iniziò a svilupparsi sempre di più, soprattutto in Francia, subentrò l’abitudine di appendere con una catenella al collo della bottiglia con etichette scritte a mano. Le prime risalirebbero a un monaco, cantiniere presso l’abbazia benedettina di Hatvillers: il famoso Don Pierre Pérignon, inventore del metodo di vinificazione champenoise.
Sul finire del Settecento, con l’invenzione della litografia, le etichette cambiarono ancora, grazie alla possibilità di stamparle. In quell’epoca i commerci di vino avevano ormai una vasta diffusione e serviva una produzione sempre maggiore di etichette, che proprio l’avvento della stampa permise.
Se fino a un certo punto della storia la funzione dell’etichetta era unicamente quella di distinguere qualità, annate, produttori e luogo l’origine, col passare del tempo l’etichetta assunse la funzione di veicolare messaggi molto più complessi.
Come dicono gli stessi Jeffrey Caldewey e Chuck House, nell’introduzione dell’opera Icon. Art of the wine label, l’etichetta si fa simbolo, memoria e storytelling. Si configura come una vera e propria espressione del tempo e del luogo, superando il passato e il presente e offrendo la propria visione del futuro.
Insomma, oggi l’etichetta è design, tanto che può a buon diritto considerarsi un oggetto iconico, paragonabile ad una vera e propria opera d’arte.
Packaging del vino: creatività oltre la tecnica
Se un tempo, dunque, l’etichetta era un mero strumento di informazione che non richiedeva altre abilità oltre a quella della stampa, oggi la progettazione dell’etichetta di vino è un mestiere che richiede assoluta competenza e abilità.
Design e informazione hanno oggi necessità di incontrarsi, non solo per soddisfare le richieste di un pubblico sempre più esigente, ma anche per assolvere le normative di legge. Il regolamento europeo promulgato nel 2009, infatti, indica quali siano gli elementi obbligatori da riportare sull’etichetta e quali, invece, siano quelli facoltativi. Oltre al fatto che le indicazioni obbligatorie devono essere tutte riportate nello stesso campo visivo, ovvero sull’etichetta frontale.
Questa disposizione limita la creatività entro regole precise: non per niente sono sempre più numerose le aziende che si rivolgono ad esperti grafici, illustratori e comunicatori visivi per far sì che la propria etichetta sia all’altezza del suo compito.
Non è affatto fuori luogo pensare che l’etichetta possa fare la differenza. Si configura come elemento distintivo e in un’ottica di marketing ha la funzione di potenziare l’identità aziendale. La scelta dello stile è già di per sé indicativo del bagaglio culturale e valoriale dell’azienda stessa: uno stile classico, per esempio, può rappresentare perfettamente aziende vinicole tradizionali che legano la loro immagine aziendale ad un lustro antico. Il design di qualità, in questo senso, è rappresentativo della qualità del prodotto.
Innovazione, originalità e novità sono, a loro volta, i tratti distintivi delle aziende orientate al futuro: grazie ad un accurato studio del design, utilizzano nuove chiavi comunicative di grande effetto.
Dal minimalismo all’uso dei pittogrammi, la capacità di raccontare sé stessa di ogni azienda vinicola attraverso l’etichetta diventa un esercizio di storytelling per nulla fine a sé stesso: un vero contenuto che travalica il prodotto e si fa narrazione.